ROMA – “Nonostante l’87% della popolazione conosca le Infezioni Sessualmente Trasmesse (IST) e l’80% sia a conoscenza dell’esistenza dei test diagnostici, solo 3 persone su 10 ne hanno effettivamente fatto uno; tra coloro che non hanno mai fatto un test, quasi la metà (48,1%) non saprebbe a quale struttura rivolgersi. Esistono strumenti all’avanguardia per diagnosi rapide ed efficienti, ma il 90% dei casi sono diagnosticati dopo l’infezione”. Sono solo alcuni dei dati che emergono dal Report ‘Infezioni Sessualmente Trasmesse: Barriere e soluzioni della diagnosi precoce’ presentato a Roma nel corso di una iniziativa promossa dall’on. Mauro D’Attis, membro della V Commissione, Bilancio, Tesoro e Programmazione e presidente dell’Intergruppo ‘L’Italia ferma l’AIDS’, in collaborazione con l’on. Gian Antonio Girelli, membro della XII Commissione Affari Sociali e presidente dell’intergruppo parlamentare sulla ‘Prevenzione e riduzione del Rischio’. L’evento si è svolto alla Camera dei deputati, presso la Sala del Refettorio di Palazzo San Macuto.
“Il 90% dei casi diagnosticati sono successivi all’infezione avvenuta; nel restante 10%, i due terzi sono sulle donne che programmano una gravidanza e vogliono proteggere il feto- ha fatto sapere Pierangelo Clerici, presidente AMCLI- Eppure il sistema diagnostico è efficiente e diffuso capillarmente: entro 24 ore dalla raccolta del campione si può emettere un referto. Diventa paradossale non poter usufruire al massimo di queste potenzialità. Il report che abbiamo realizzato rappresenta un punto di partenza affinché le istituzioni si facciano carico di questo problema di sanità pubblica con importanti risvolti sociali. Servono campagne di screening diffuse, un ruolo centrale del medico di medicina generale e del pediatra di libera scelta per prescrivere analisi o indirizzare verso uno specialista,un meccanismo di indagine all’ingresso negli ospedali”.
Secondo Luca Bello, presidente SIMaST, è necessario fare un “grande lavoro di sensibilizzazione della cittadinanza- ha evidenziato- Le infezioni sessualmente trasmissibili riguardano tutti, ma è soprattutto ai più giovani che dobbiamo parlare con più chiarezza, a partire dalla scuola. Allo stesso tempo, è fondamentale che anche chi lavora nella sanità sia preparato ad affrontare il tema: non solo gli infettivologi, ma anche ginecologi, dermatologi, medici di medicina generale, ostetriche, infermieri, farmacisti. Le IST possono arrivare in tanti contesti diversi, ed è importante che chiunque sia in prima linea con i pazienti sappia come riconoscerle, diagnosticarle e parlarne in modo corretto”. I dati di prossima pubblicazione dell’Istituto Superiore di Sanità relativi al 2023, intanto, attestano un aumento complessivo delle IST rispetto al 2022 del 9% e del 17% rispetto al 2021.
“Si assiste a una crescita continua rispetto al periodo precovid, a cui bisogna aggiungere un sommerso delle IST batteriche (clamidia, gonorrea, trichomonas) che ammonta al 25% di persone che hanno l’infezione- ha spiegato Barbara Suligoi, direttrice del Centro Operativo AIDS dell’ISS- queste persone sono asintomatiche ma hanno scoperto l’infezione durante altri accertamenti clinici; un dato che per la sifilide raggiunge il 50%. Questi dati indicano che è necessaria una maggiore capillarizzazione dei centri IST sul territorio, una formazione del personale sociosanitario, un rafforzamento dei centri del terzo settore come i check-point per arrivare a quelle persone che altrimenti più difficilmente andrebbero a fare il test. Una diagnosi precoce è fondamentale per avviare subito il trattamento e prevenire complicanze gravi. La sifilide, ad esempio, può colpire il sistema nervoso centrale. La clamidia può compromettere la fertilità o provocare complicanze in gravidanza. Il gonococco, può causare faringiti e gravidanze ectopiche e, non ultimo, tutti sono associati ad un maggior rischio di HIV”.
L’Italia, hanno fatto sapere ancora gli esperti, registra “alcuni dati preoccupanti”, come un numero di test diagnostici molto basso rispetto alla popolazione adulta: nel 2021, sono stati registrati 11.699 test con a una popolazione sessualmente attiva (15-64 anni) di oltre 37 milioni. A fronte di una buona capacità dei laboratori e della disponibilità di test diagnostici, emerge dunque la necessità “di rafforzare la consapevolezza pubblica, incrementare le misure di prevenzione, migliorare l’accesso ai test e rendere più efficiente l’attività di monitoraggio”.
Il documento ‘Infezioni Sessualmente Trasmesse: Barriere e soluzioni della diagnosi precoce’ è stato coordinato da LS CUBE con il contributo di Hologic Italia e realizzato in collaborazione con un Focus Group multidisciplinare composto da Luca Bello, presidente SIMAST (Società Interdisciplinare per lo Studio delle Malattie Sessualmente Trasmissibili); Pierangelo Clerici, presidente AMCLI (Associazione Microbiologi Clinici Italiani); Nicoletta Orthmann, direttrice medico-scientifica e componente CdA Fondazione Onda (Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere ETS); Eugenio Di Brino, co-fondatore e partner di Altems Advisory.Il Report, in particolare, è il risultato di due sondaggi anonimi condotti simultaneamente: uno rivolto a un campione di operatori sanitari (microbiologi, dermatologi, ginecologi, infettivologi) e l’altro a un campione della popolazione generale. Questa duplice prospettiva ha permesso di analizzare le criticità che ostacolano l’utilizzo dei test diagnostici per le IST; valutare il livello di conoscenza e consapevolezza della popolazione sui temi della prevenzione, diagnosi e gestione delle IST; individuare aree prioritarie di intervento e formulare raccomandazioni concrete per migliorare l’accesso ai test e contenere la diffusione delle IST. I dati della survey hanno quindi offerto gli spunti al Focus Group per formulare possibili raccomandazioni sottoposte alle istituzioni per implementare azioni concrete di contrasto alla diffusione delle IST ed il potenziamento di strumenti di diagnosi precoce.
L’analisi incrociata dei sondaggi rivela una forte convergenza sui principali ostacoli alla diagnosi tempestiva delle IST. Anzitutto la barriera culturale e lo stigma sociale, in secondo luogo la mancanza di test gratuiti e informazioni inadeguate, con i clinici che indicano anche barriere medico/scientifiche e normative/regolatorie. C’è poi poca chiarezza sul medico di riferimento: il 60% della popolazione identifica lo specialista (ginecologo/andrologo) come principale punto di riferimento per la prescrizione dei test, sebbene non esista una figura predominante. Complessivamente c’è delusione generale sulle informazioni: quasi il 60% della popolazione si dichiara insoddisfatta delle informazioni ricevute dal proprio medico sulla salute sessuale, mentre per il 90% non si parla a sufficienza delle IST a nessun livello.Partendo da queste evidenze, il Focus Group ha quindi elaborato raccomandazioni mirate, strutturate su quattro direttrici principali, per contenere la diffusione delle IST e migliorare la salute pubblica e la sostenibilità del SSN. Intanto, interventi di informazione “soprattutto tra giovani e famiglie” per aumentare la consapevolezza e il coinvolgimento dei cittadini. In secondo luogo, “interventi di prevenzione e diagnosi precoce per ridurre la diffusione delle infezioni e garantire equità di accesso ai test”. Come terzo punto, gli esperti hanno suggerito piani di formazione rivolti agli operatori sanitari per “incentivare un approccio proattivo nel sensibilizzare i pazienti”. Infine, la costruzione di un modello Hub&Spoke per rafforzare il contributo del sistema sanitario.
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