di Mirko Gabriele Narducci e Ugo Cataluddi
ROMA – “L’altro giorno c’è stato su un giornale un intervento di un magistrato in servizio a una Procura che si è permesso di indicare tutti gli errori che aveva fatto il ministro nel caso Almasri. Ammesso che io possa aver fatto mille errori o anche di più, ma che un magistrato in servizio si permetta di censurare su un giornale le cose che io ho fatto, in qualsiasi Paese al mondo avrebbero quantomeno chiamato gli infermieri”. Lo ha detto il ministro della giustizia, Carlo Nordio, intervenendo al ‘Parlate di mafia’ organizzato dai gruppi parlamentari di Fratelli d’Italia al Tempio di Vibia Sabina e Adriano, a Roma. “Perché in Italia non lo facciamo? Innanzitutto- ha proseguito Nordio- potrebbe essere oggetto di valutazione, ma tanto sappiamo benissimo che tutti i precedenti che abbiamo avuto, anche abbastanza gravi, sono finiti nella giurisdizione domestica della sezione disciplinare del Csm, che è composta da persone che sono elette da quelle che devono essere giudicate. Ecco perché dobbiamo fare, e faremo, la riforma”.
ANM: PREOCCUPATI PER ATTACCHI NORDIO A OPINIONE MAGISTRATO
“Esprimiamo sdegno e viva preoccupazione per le dichiarazioni rese dal ministro della Giustizia Carlo Nordio in occasione della manifestazione ‘Parlate di mafia’. Che il titolare del dicastero della Giustizia possa ritenere che l’espressione pubblica del pensiero di un magistrato in servizio meriti l’intervento degli ‘infermieri’ o diventi oggetto di valutazione disciplinare rappresenta un fatto grave, incompatibile con i principi fondamentali di uno Stato di diritto. La libertà di manifestazione del pensiero è garantita dalla Costituzione. Purtroppo, da parte del ministro, si registra un uso ricorrente della minaccia disciplinare, evocata come uno strumento di pressione e intimidazione nei confronti di decisioni sgradite o legittime critiche”. Così la Giunta esecutiva centrale dell’Associazione nazionale magistrati in una nota. “Criticare non significa offendere – aggiunge la Giunta – e dissentire non equivale a mancare di rispetto. La libertà di espressione non può essere compressa né svilita attraverso prospettive di riforma che assumono il volto della ritorsione o attraverso un improprio ricorso agli strumenti disciplinari. La critica, anche aspra, alle decisioni ministeriali non può essere scambiata per lesa maestà. Le parole del ministro confermano, purtroppo, ciò che l’ANM denuncia da tempo: il vero obiettivo della riforma sembra essere quello di intimidire, indebolire e infine ridurre al silenzio la magistratura. Siamo stati, e restiamo, disponibili al confronto. Ma non possiamo accettare che ci venga imposto il silenzio”.
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