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Pamela massacrata con più di 30 coltellate, tre letali: cosa dice l’autopsia


ROMA – Inutili le grida e le preghiere per farlo desistere, il suo corpo esile e ormai rassegnato è stato travolto dalla furia dell’uomo che voleva lasciare. Gianluca Soncin ha affondato su di lei oltre 30 volte il coltello da caccia che si era portato da Cervia fino a Milano, proprio per ucciderla. Fino a poche ore fa gli inquirenti, sulla base dei primi accertamenti medico-legali, avevano stimato che la morte di Pamela Genini, la 29 enne uccisa a Milano dal suo compagno, era sopraggiunta dopo 24 coltellate. Ma il numero di fendenti sferrati contro di lei è stato corretto al rialzo nel corso dell’autopsia, effettuata venerdì sul corpo della ragazza.

COME É MORTA PAMELA

Delle oltre 30 coltellate, almeno tre, indirizzate al torace, sarebbero state letali. Questa, in sintesi, la conclusione dei primi esiti dell’esame autoptico effettuato a Milano, anche se serviranno altri approfondimenti per capire se ci siano state altre ferite mortali nella zona del collo. Tanto basta per confermare la violenza inaudita di Soncin, sempre che ce ne fosse stato ancora bisogno, dopo le molteplici testimonianze dei vicini che hanno assistito in diretta all’omicidio della ragazza, avvenuto sul terrazzino del suo appartamento, martedì scorso, 14 ottobre.

IL GIP CONVALIDA IL FERMO A SONCIN: “É PERICOLOSO”

Ed è proprio la “pericolosa personalità” del killer di Pamela ad aver motivato la convalida del fermo del gip: Soncin infatti, che non ha risposto ieri all’udienza con il magistrato Tommaso Perna, resterà in carcere. Ci sono validi motivi dunque per gli inquirenti per ritenerlo capace di uccidere ancora, dando seguito alle minacce di morte ripetute alla madre o alla sorella della vittima. Minacce confermate dal testimone chiave, Francesco Dolci, confidente di Pamela, l’ultimo a cui si era rivolta chiedendo aiuto poco prima di morire, in un disperato tentativo di salvarsi.

LA SPEDIZIONE DA CERVIA A MILANO “PIANIFICATA UNA SETTIMANA PRIMA”

Dolci l’ha detto agli inquirenti e lo ha ripetuto continuamente ai giornalisti che lo hanno intervistato in questi giorni: Pamela Genini viveva nel terrore del suo compagno. “Se mi lasci ti ammazzo”, “ammazzo tua madre” o ancora “uccido il tuo cane”: sono le frasi che le ripeteva ad ogni discussione. Una volta, una delle tante in cui lei aveva provato a rompere con lui, Soncin l’aveva videochiamata facendosi trovare davanti a casa della madre, a Strozza, anche se Pamela non l’aveva mai presentato ai suoi cari, né avesse mai dato indicazioni su dove vivessero. Quell’uomo voleva darle un assaggio di cosa era capace di fare. Non solo, per il Gip quel maledetto martedì sera Soncin ha messo in atto “una vera e propria spedizione” a casa di Pamela, e l’aveva “decisa almeno una settimana prima”, ovvero quando avrebbe fatto copia delle chiavi dell’appartamento della ragazza, ritrovate insanguinate. L’omicidio poi è stato di una brutalità estrema: colpendola ripetutamente, l’assassino ha causato “una sofferenza non trascurabile” alla vittima, scrive il giudice, che “per un tempo non quantificabile” avrebbe avuto “consapevolezza dell’imminente fine”.

GLI EPISODI ‘SPIA’ CHE NON HANNO PORTATO A NULLA

Eppure Pamela, anche se non aveva mai direttamente denunciato alle forze dell’ordine le violenze subite da un anno e mezzo da parte del 52 enne, più volte si era rivolta a chi avrebbe potuto, o meglio dovuto intervenire per aiutarla. La prima volta il 4 settembre 2024, agli inizi della relazione con il suo aguzzino. Pamela Genini va al pronto soccorso dell’ospedale di Seriate, in provincia di Bergamo, accompagnata da un’amica. Era appena scappata da Cervia, dove allora viveva insieme a Soncin e dove aveva subito una pesante aggressione. I medici le accordano, da referto, una prognosi di 20 giorni per le ferite riportate e per la frattura di un dito della mano destra. Qualcosa i sanitari lo avevano già intuito perché avevano segnalato l’episodio alla Tenenza dei carabinieri di Seriate. I militari a loro volta hanno inviato tutto ai colleghi di Cervia, per competenza territoriale dato che è nella cittadina del Ravennate che era avvenuta l’aggressione, il 3 settembre 2024. In quella data i carabinieri romagnoli erano intervenuti nella casa in cui viveva allora la coppia e avevano relegato l’episodio a una lite domestica, senza darne seguito. Ma dopo l’arrivo degli atti dei carabinieri di Seriate, quelli di Cervia trasmettono a loro volta i documenti relativi al loro intervento, chiedendo ai colleghi di sentire la ragazza e raccoglierne la denuncia. A quel punto però Pamela si rifiuta di procedere. Insomma si risolve tutto in uno scambio di carte che, senza querela, non arriva né alla procura di Bergamo, né a quella di Ravenna, né alle rispettive Questure. Ne tanto meno si arriva all’attivazione del codice rosso.

Un secondo episodio ‘spia’ risale poi al 9 maggio scorso: gli agenti del commissariato di Lambrate si recano nell’appartamento di Pamela in via Iglesias a Milano, su sua segnalazione. Lei li aveva chiamati perché Soncin le stava sfondando la porta di casa. Ma poi la ragazza ci ripensa, minimizza la portata della segnalazione, avvalla la versione data ai poliziotti dall’uomo: lui era lì per restituirle una somma. L’ultima volta che gli agenti si attivano per Pamela è quel maledetto martedì 14 ottobre: quando irrompono nel suo appartamento vedono con i loro occhi Soncin sferrarle le ultime, fatali coltellate.
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